GIANNI BIONDILLO
Architetto, vive e lavora a Milano. Ha scritto per la televisione e per
il cinema. Nel romanzo ha esordito con Per cosa si uccide
(Guanda, 2004), seguito da Con la morte nel cuore
(Guanda, 2005).
Per cosa si uccide
– Guanda
«Tutto cominciò con quel cane sgozzato.»
Si apre in una torrida estate un lungo anno di omicidi per la polizia di Quarto
Oggiaro, quartiere simbolo della periferia milanese. Protagonista, suo
malgrado, delle indagini, è l’ispettore Ferraro,
uomo senza qualità particolari, se non, forse, il suo
innocuo umorismo, che lo salva spesso da un’esistenza
alquanto deprimente. Perché di certo la sua vita personale
non è un granché: divorziato, vive solo, in una
casa caotica, mangiando a cena pattume surgelato. Per non parlare poi
del disordine affettivo... Attorno a lui ruotano poliziotti surreali,
imprenditori rampanti, spacciatori, contrabbandieri, snob vogliose,
domestici imperturbabili, carabinieri gentiluomini, fruttivendoli,
filosofi, informatori, pensionati, picchiatori, pendolari, sciure,
manifestanti: il popolo di una città. Per cosa si uccide
racconta questa varia umanità, scandaglia il ventre molle di
Milano, la vera protagonista del libro, diventando così il
romanzo, aspro e ironico, di una città.
L’incipit.
Tutto cominciò con quel cane sgozzato.
Se l’era fatto raccontare con calma da Comaschi. Pare che il
padrone l’avesse relegato sul balcone. Non lo muoveva mai di
lì, di giorno di notte, sempre. Cagava, pisciava, ululava a
qualunque ora del giorno, un cagnone enorme, nero, spaventoso. I vicini
non ce la facevano più. Dapprima gli insulti dal balcone, le
minacce, le telefonate anonime, le dicerie, le cattiverie; poi gli
esposti all’Aler, le telefonate alla Polizia, ai Carabinieri,
alla Protezione Animali.
Era un continuo va e vieni: arrivava l’ispettore, il padrone
del cane portava dentro la bestia, la accarezzava, la baciava,
abbassava lo sguardo mite, poi, appena se ne andava quello
dell’Istituto, buttava fuori il cane e urlava dal balcone
minacce a tutti gli inquilini.
Con la morte nel
cuore – Guanda
C’è grande confusione sotto il cielo di Quarto
Oggiaro. I tempi sono propizi per descrivere un altro pannello del polittico, urbano e sociale
che Biondillo ha iniziato a raccontare in Per cosa si uccide. Dalle
pagine emergono barboni, ex mafiosi, militari, extracomunitari,
professori, maestri, pensionate, balordi, motociclisti, criminali,
poveracci e soprattutto lui, l’ispettore Ferraro, impegnato
forse in uno dei casi più difficili della sua vita, uno di
quelli che si affrontano “con al morte nel cuore”.
Ferraro indaga, in una Milano febbrile, avida e cordiale insieme,
facendo ogni giorno i conti con i suoi malumori, con la sua caotica
vita di divorziato, con i pasti serali sempre più indigesti,
con l’ennesimo tentativo di prendere una laurea, mentre
intorno a lui, e sulla sua pelle, avvengono linciaggi, sparizioni
incomprensibili, strani suicidi, assurdi tiri alla fune, ci sono
poliziotti che non partono, altri che non dovrebbero tornare,
sparatorie, omicidi multipli, dentiere scippate, pestaggi.
L’incipit
Lo scambio termico tra l’imboccatura metallica
della pistola e la tempia sudata di Lanza aveva ormai raggiunto, per il
noto principio termodinamico, un punto di equilibrio tale da permettere
al malcapitato di evitare pensieri oziosi sull’argomento,
offrendogli così l’opportunità di
concentrarsi con più rigore sull’imminente stato
entropico che avrebbe raggiunto da lì a poco.
In effetti il suo pensiero si era perduto su questioni risibili quali
l’alta conducibilità termica del metallo, la
composizione chimica delle polveri da sparo, il traffico illegale di
armi nel bacino mediterraneo, proprio mentre l’assassino gli
passava la canna della pistola sul volto per poi piazzargliela senza
indugi sulla tempia che pulsava all’impazzata.
Ha partecipato all'Edizione 2004 e 2005
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