PIERO COLAPRICO
Nato a Putignano (Bari), vive a Milano dal 1976.Inviato speciale di La
Repubblica, si occupa spesso di giustizia e di
cronaca nera. Ha scritto saggi – Capire Tangentopoli
(1996), La rivoluzione di Exodus (2003) –
e
romanzi, fra cui Trilogia della città di M.
(2004),
vincitore del Premio
Scerbanenco. Alle storie del maresciallo Binda sono dedicati tre
libri scritti a quattro mani con Pietro Valpreda – Quattro
gocce
d’acqua piovana (2001), La nevicata
dell’85 (2001) e La primavera dei maimorti
(2002) – e L’estate del
Mundial, pubblicato nel 2003, dopo la morte del suo compagno
di
scrittura. Il maresciallo Binda torna con l’ultimo romanzo, La
quinta stagione (Rizzoli, 2006)
La
quinta stagione – Rizzoli
Forse
l’età ci gioca dei brutti scherzi. Forse Pietro
Binda –
maresciallo dei carabinieri ormai in pensione, con una onorata
carriera alle spalle – ha voluto provare l’ebbrezza
di passare
dall’altra parte della barricata. Altrimenti come si spiega
che
adesso stia tranquillamente seduto al bar con Pallonetto, una vecchia
conoscenza della polizia che non ha mai sopportato certi articoli del
codice penale sulla tutela della proprietà privata? Parlano
come se fossero buoni amici. Anzi di più: Pallonetto gli sta
chiedendo un favore. Sembra accorato, sfiora la mano del vecchio
sbirro e gli spunta perfino una lacrima. Con occhi da vitello,
racconta Binda che la sua fidanzata, una giovane zingara, è
stata rapita da una banda di albanesi. Che strana scena: il
carabiniere e il ladro, seduti a scambiarsi confidenze davanti a un
bicchiere di marsala. Sono passati tanti anni dai loro “tempi
d’oro”, quando Pallonetto svuotava la cassaforte
dello yacht dei
Grimaldi di Montecarlo e Binda lavorava con successo a importanti
inchieste di mafia, aiutando perfino il famoso capitano Ultimo. I due
vecchi assomigliano piuttosto alle indebolite controfigure di loro
stessi, spaesati in una Milano che è cambiata troppo, senza
avvertire. Adesso il bar che anni prima era considerato una
succursale di Cosa Nostra è gestito da cinesi, le periferie
brulicano di call-center e la criminalità ha un volto nuovo,
parla una lingua straniera e risponde a un codice che Binda non
capisce più. Ma nonostante tutto, il vecchio investigatore
si
fa trascinare per la giacca in una battaglia torbida e in odor di
catastrofe, tra periferie trasformate in terre di nessuno e criminali
che non esitano a sparare, dimenticandosi perfino della prima regola
che si impara alla scuola sottoufficiali: mai agire da soli.
L’estate
del mundial, Marco Tropea editore
Comincia l’estate del 1982 e Pietro Binda, che tra un paio
d’anni andrà in pensione per raggiunti limiti
d’età, è un onesto e coriaceo
maresciallo alla squadra Omicidi. Ha due indagini di cui occuparsi: una
gli viene affidata dal suo superiore, il generale Casiraghi, ed
è legata alla misteriosa morte del banchiere Roberto Calvi,
impiccato a Londra sotto un ponte; inoltre, perché
gliel’ha chiesto Loris, il suo amico anarchico,
s’impegna nel giallo che gli sta più a cuore:
l’inspiegabile omicidio di un’ex soubrette
dell’avanspettacolo, Lavinia Marbella, uccisa dopo aver
passato la serata in una sala da ballo. L’inchiesta ufficiale
della questura non si mette bene né per Loris né
per altri sospettati. Barcamenandosi in una Milano bollente per il
caldo estivo e immersa nel tifo per i campionati Mondiali di calcio in
Spagna, il maresciallo entra in due mondi che gli erano
sconosciuti: quello
del denaro e quello del varietà. Mondi che possono essere
anche molto ostili, tant’è vero che
sarà costretto a impugnare la pistola per salvarsi la vita.
Incipit
Le sillabe gli rimbalzarono sulle palpebre chiuse e
doloranti:
«Sve-tì-vo-dà-sco-và».
In quella mattina stràcca, Pietro Binda non tollerava la
luce violenta del primo giorno d’estate e se ne stava
immobile nel buio della stanza da letto, con le finestre
sprangate e le
narici attaccate al fresco delle lenzuola. Il suo agitato dormiveglia
era già stato interrotto dal figlio Umberto, uscito di gran
corsa per un lavoretto da pasticciere che aveva trovato dalla fine
della scuola sino a luglio. Quèll li da quànd el
porta i cavei pettenàa a la moda di rasta l’era
semper in ritard. Poi ci si era messa anche Rachele, che era abituata a
trafficare in casa prima di colazione. Lo squillo fastidioso del
telefono aveva avuto almeno il merito di zittire il ronzio micidiale
del Folletto aspiratutto.
«Sei sveglio? Ti vogliono da via Moscova, ma gli ho detto che
stai male», aveva gridato la moglie dal corridoio.
«Sve-tì-vo-dà-sco-và»,
ecco che cos’era quella raffica dolorosa delle sillabe
schiantate sulla sua emicrania come moscerini sul parabrezza.
Trilogia della
città di M. – Marco Tropea
Dopo i romanzi dedicati alla Milano degli anni ottanta e alle indagini
del maresciallo Binda, tre dei quali scritti insieme
a Pietro Valpreda, Piero Colaprico sceglie di raccontare la metropoli
dei giorni nostri attraverso una trilogia inedita che ha come
protagonista la capitale lombarda. Un’operazione letteraria
che vanta illustri precedenti, da Paul Auster che viviseziona New York
nella sua Trilogia a Agota Kristof, eccelsa autrice dei tre romanzi
sulla città di K. Da giallista con un occhio sempre attento
ai cambiamenti della società, Colaprico si serve di
assassini e modelle, magistrati e vecchi gangster, nuovi malavitosi,
poliziotti, spacciatori, perfino di un testimone cieco, per mostrare
l’album noir della città di M., per suggerirci
quanto sia cambiata Milano e, insieme a lei, si siano trasformati il
nostro paese e forse il nostro mondo. A condurci
nell’esplorazione è la curiosità del
quasi quarantenne Francesco Bagni, ispettore della Omicidi, Squadra
mobile di via Fatebenefratelli. Figlio di immigrati italiani in
Svizzera, tornato in Italia dopo le scuole superiori, Bagni fa il
poliziotto da vent’anni ed è uno che quando
c’è da lavorare non si tira indietro. Il primo
caso che l’ispettore si trova ad affrontare, insieme alla
Scientifica, è quello di una ragazza uccisa nel suo letto
con una zanna di narvalo conficcata in gola. È
un’indagine difficile, che si snoda per quasi un anno tra i
sotterranei della Stazione centrale e le banche d’affari, con
un finale sorprendente. Nella seconda vicenda lo vediamo tenersi
sveglio durante una sola, frenetica, cupa notte di lavoro, per scavare
nell’ambiente della malavita storica del Ticinese.
Incontrando quella “gent de man” che sapeva (e sa)
conciliare sparatorie e bevute all’osteria, Bagni
troverà anche il coraggio per affrontare uno dei nodi
irrisolti del suo passato. Nella terza storia si sale e si scende dalla
metropolitana e si scopre come sia facile far soldi imbrogliando e
uccidendo. Si entra nei labirinti più segreti della
città, ma anche del cuore del poliziotto. Perché
per Bagni è importante studiare i fascicoli, vagliare le
ipotesi, escogitare trucchi per incastrare i colpevoli, non dimenticare
una vittima fino a quando giustizia non è fatta. Ma
è altrettanto importante non smettere mai di cercare se
stessi e aprirsi alla possibilità di amare, e farsi amare.
L’incipit
Il telefono, la sua croce.
“113, sono Villa. Bagni, è lei?”
“Affermativo, collega”. Erano quasi le tre. Da
veterano delle levatacce e dei risvegli improvvisi
riacquistò la lucidità in pochi attimi.
“Un omicidio?” chiede.
“Si” confermò l’altro. Era un
tipo taciturno, ma sorprendentemente volle aggiungere qualche parola:
“Una donna che viveva sola”. Esitò una
frazione di secondo. “L’hanno conciata male,
proprio male, almeno così dicevano i colleghi”.
“E che dicevano, Villa?”.
Molte tragedie cominciano banalmente, spesso con una telefonata. Sembra
così innocuo, il telefono.
Ha partecipato all'Edizione 2002, 2003, 2004, 2005 e 2006
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